Le poesie delle donne
Sonetto XXIV
(Louise Labé Lione, Francia 1524 – Parcieux, Francia 15/2/1566)
Non mi condannate, Donne, se io ho amato:
se ho sentito mille torce ardenti,
mille supplizi, mille dolori pungenti:
se ho consumato il mio tempo a piangere,
ahimè! che il mio nome non sia da voi biasimato.
Se ho commesso degli errori, le pene sono già presenti,
non affilate le loro lame violente:
ma pensate che lAmore, al momento giusto,
senza che dobbiate scusarvi del vostro ardore di un Vulcano,
senza mostrare la bellezza dAdone,
potrà, se lui vuole, rendervi più innamorate:
avendo meno occasioni di me
e una più forte e singolare passione.
Ma guardatevi di essere più sfortunate (di me).
Della stessa autrice: Sonetto VIII – Sonetto XIII – Sonetto XVIII
Buongiorno
Non ti condanniamo, ja … ma solo per questa volta, eh?!
Un abbraccio
Tutti si professano dongiovanni tra stuoli di verginelle …
Il cuore non si arrende facilmente….
Buona giornata, Gemisto.
Quasi sempre son le donne, le giudici più spietate. Ma anche i giudizi più impietosi rientrano nei cosiddetti condizionamenti sociali che durano sin dai primordi.